Anche il tempo ha i suoi tempi

Pubblicato il 3 febbraio 2025 alle ore 16:12

Non si vedevano dalle scuole medie. Si ricordavano ancora dell'imbarazzo profondo che provavano ogni volta che i loro occhi si incrociavano prima del suono della campanella per entrare nelle rispettive classi e ricordavano entrambi quel brivido potentissimo che pervadeva la loro spina dorsale ogni volta che a ricreazione uscivano dall'aula sapendo che si sarebbero guardati ancora. Non sapevano come chiamarla quella cosa e aspettavano di provarla o che per lo meno passasse perché era si bella, l'emozione, ma faceva male da qualche parte.

Erano tenuti lontano dalla paura delle parole, le stesse che avrebbero potuto avvicinarli e distruggerli, attraverso le prese in giro o attraverso quell'aspettativa che è capace soltanto di far rumore, fermentare, trasformando tutto in qualcosa che non si conosce. 

A Carnevale, complice la confusione, avevano trovato un unico momento di incontro. Si videro, in silenzio, nel tumulto dei coriandoli, e percorsero insieme il lungo corridoio della scuola, uno accanto all'altra, senza dire niente. Poi la scuola finì e i loro occhi con lei.

Crebbero entrambi con un bagaglio di nostalgia e dolce rimorso. Ricordavano come tutti i profumi l'uno dell'altra. Capita anche a voi di farvi trasportare da quel delicato aspetto del tempo che è il profumo, quando ricordate la polenta bruciata sul fuoco, la brovada che si fa aspra e il sapore di antico delle nonne, in case sempre uguali capaci di resistere ai loro tempi e all'oblio. Capita di ricordare le persone dal loro profumo, così aspro dell'adolescenza, ma capace di un'eco sublime che si riverbera negli anni tenendo vivo ciò che non riesce a morire mai. Passarono venticinque anni prima di quella cena. Si erano incontrati per caso a degustare insieme le proprie aspirazioni in un mondo del vino che accarezza e schiaffeggia i sommelier senza immaginare che abbiano qualcosa da dire. Forse era così, ed è per questo che loro, dopo venticinque anni, non appena rivisti, continuarono a non parlarsi. Si scambiarono i numeri e si decisero per un appuntamento, a cena, per assaporare da vicino quello che il tempo poteva poter dire per loro.

Non era la loro città e questo, avrebbe aiutato, non c'erano i loro amici o la loro famiglia, solo loro due e nessun altro. 

Si salutarono con un bacio casto e distante, che permise ai nasi l'epifania reciproca del profumo. Si rividero passeggiare nel corridoio, ancora impauriti e teneri e sorrisero entrambi di quell'imbarazzo passato. Erano diventati entrambi sommelier, per cercare nel vino quelle parole che non si erano mai detti e per cercare nei profumi quella sensazione alla spina dorsale di un primo bacio mai dato.

Si sedettero, sempre in silenzio. Lui indicò al cameriere, dalla carta, il vino scelto per rompere il ghiaccio. Era fermo, giovane ma già pronto e formato, con alle spalle un Erasmus in acciaio ed un master in legno, una profondità collinare tipica capace di avvolgere e stupire, come un'adolescenza che non voleva finire mai. Quel Pinot Bianco aprì una strada maestosa che percorsero entrambi. Lo lasciarono aprire, continuando a sorridere ad ogni sorso senza riuscire a dire niente. Poi scelse lei; scelse un Riesling, che aspettava anch'egli da venticinque anni di essere baciato, e li fece ricacciare in un angolo di ricordi ancor più teneri perché raccontavano il mai accaduto. 

Quel tempo insieme trascorreva lento, pacato, scandito dalle sorsate di vino sempre più generose e dalle espressioni di sorpresa che le sensazioni costringevano ad assumere. 

Decisero di assaggiare una dolcezza finale, un Picolit, per delegare a lui la voglia di farla finita con tutto questo silenzio. Non c'era più tensione e tutto sembrava fermo. Arrivò il primo sorso a fargli chiudere gli occhi e d'un tratto si misero a ridere. Sapeva di tappo e se lo fecero riportare.

Finirono anche quella bottiglia e se ne uscirono nella notte. C'era una panchina di pietra davanti al panorama offerto dalla terrazza del locale. Si sedettero a guardare le luci silenziose, con il braccio di lui a cingere le spalle di lei, lasciando che la sua testa posarsi sul petto. Nei loro occhi l'imbarazzo era finito e quel bacio aveva ancora addosso il sapore di quei venticinque anni d'attesa.

Si salutarono e tornarono a casa senza dirsi nulla. Il vino aveva fatto le veci delle parole.

Il vino insegna il valore del tempo e lo fa proprio, lontano dai nostri tempi, per provare a tracciare la strada di qualcosa di bello da dire.

La terra contiene la dolcezza del Picolit e la piccola presenza delle nostre vite...

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